· · Fluidodinamica Aerospaziale · Gasdinamica · · MOTI QUASI-UNIDIMENSIONALI · Marco
Capozzi · · INTRODUZIONE · MOTI QUASI UNIDIMENSIONALI · FLUSSI QUASI UNIDIMENSIONALI ·
· · · ·
·
· INTRODUZIONE
La Gasdinamica è
quella branca della fluidodinamica che studia il comportamento dei fluidi
compressibili, ossia quei fluidi in cui le variazioni di densità causate dal
moto del fluido stesso non siano trascurabili. Ad essa si fa ricorso, ad
esempio, per studiare il comportamento dei flussi in un ugello, la cui applicazione
tipica si ha nei motori a reazione. Quando le variazioni di densità del
fluido sono trascurabili si ricade nel caso più generico della aerodinamica.
La gasdinamica può essere studiata in maniera classica, ossia risolvendo le
equazioni differenziali che ne descrivono le leggi tramite integrazione
diretta, o per via numerica, laddove la complessità delle equazioni e/o la
loro non linearità sia tale da renderne di fatto impossibile la risoluzione
analitica. MOTI QUASI UNIDIMENSIONALI Il moto di un
fluido è in generale di tipo tridimensionale e non stazionario. E’ tuttavia
possibile affrontare lo studio dei fluidi reali con opportune ipotesi
semplificative. Una di queste è la monodimensionalità di un flusso. Per
definizione, un flusso è monodimensionale se le sue proprietà sono funzione
di una sola variabile spaziale. Un flusso può anche essere quasi-
unidimensionale. Si immagini, ad esempio, un flusso di un fluido contenuto in
un condotto divergente, un condotto, cioè, la cui sezione aumenti movendosi
da monte verso valle in relazione alla direzione del flusso stesso. La
divergenza comporta una tridimensionalità del flusso. Se tale divergenza non
è eccessiva, si può ritenere che il flusso, benché tri o bidimensionale, si
comporti come un flusso monodimensionale o, per l’appunto,
quasi-unidimensionale. Un gas è
caratterizzato da alcune proprietà: la densità r, espressa in kg/m3,
il calore specifico a pressione costante, cp, espresso in kJ/kg K
, il calore specifico a volume costante, cv, avente le stesse
dimensioni di cp, il rapporto g = cp/ cv, che
caratterizza le trasformazioni termodinamiche subite dal gas. Esistono anche
altre grandezze di interesse termodinamico, ossia temperatura T e pressione
p. Un gas nella sua evoluzione
può subire delle trasformazioni termodinamiche. Si ricordano le principali: · adiabatiche, ossia con scambi di calore
trascurabili · isoterme, cioè a temperatura costante · isocore, ovvero a volume costante · isobare, a pressione costante Le diverse
trasformazioni termodinamiche sono descritte da appropriate equazioni. Le
precedenti equazioni possono essere raggruppate ulteriormente in due classi:
trasformazioni reversibili e trasformazioni irreversibili. Un gas può essere
portato da uno stato ad un altro attraverso una qualunque trasformazione
termodinamica. Lo stato di un gas è individuato dai parametri T, p, r. Una
trasformazione reversibile può essere vista come una successione di
trasformazioni quasi statiche da uno stato ad un altro immediatamente
successivo. Va ricordato in proposito che non tutte le variabili
termodinamiche sono differenziabili esattamente: il calore, ad esempio, si
propaga solo da zone a temperatura alta verso altre a temperatura bassa e
perciò non è differenziabile esattamente (da un punto di vista matematico, ma
per gli ingegneri si!). Una trasformazione reversibile, inoltre, è un trasformazione in cui siano
trascurabili (a rigore nulli) gli
effetti dissipativi. E’ evidente che in presenza di fenomeni dissipativi la
quantità di energia persa è funzione della trasformazione adottata per
passare da uno stato ad un altro. Considerata una trasformazione
termodinamica generica, si definisce entropia la quantità:
Nella (1) s è
l’entropia, il dq rappresenta il differenziale del calore. Non si è usato il
dq proprio per ricordare che tale differenziale non è esatto. Una
trasformazione reversibile è isentropica. Nell’analisi dei flussi quasi-unidimensionali
ci si riferisce sempre a trasformazioni di tipo adiabatico. E’ da notare che
l’entropia può variare puntualmente nello spazio e mantenersi costante nel
tempo. Per flussi in cui l’entropia sia costante nello spazio si parla di
omentropia. Un flusso le cui grandezze non siano funzione del tempo è detto
stazionario. Equazioni Isentropiche Per flussi
isentropici valgono le seguenti relazioni:
Nelle precedenti formule
le grandezze con pedice “0” rappresentano le condizioni iniziali. Definito il
numero di Mach:
come rapporto fra
la velocità del flusso e la velocità del suono nel mezzo considerato, è
possibile riscrivere le (2) come:
Grandezze di Ristagno Per un flusso stazionario
adiabatico l’entalpia si conserva, ossia il flusso è omentalpico. In tal caso
si ha:
Si supponga di
arrestare il flusso, per esempio in corrispondenza di un punto di ristagno.
In tal caso la (6) porta a scrivere:
Tale valore
determinato per l’entalpia viene detto entalpia di ristagno. Dalla (6), mediante
opportuni passaggi matematici qua omessi, si ricava:
in cui T0
prende il nome di temperatura di ristagno. Applicando la seconda delle (4) si
ottiene anche la pressione di ristagno. Operando sulla (8) si può arrivare a
scrivere:
Nella precedente
relazione, a rappresenta la velocità del suono nel fluido considerato, e di
conseguenza la grandezza a0 viene detta velocità del suono di
ristagno. Tutte le grandezze
di ristagno vengono dette anche grandezze totali o grandezze di arresto
isentropico. La loro utilità sarà chiarita in seguito. Nel caso in cui il
numero di Mach sia unitario, ci si trova in condizioni critiche, per cui si
definiscono anche le corrispondenti grandezze critiche:
La velocità critica
del suono è una costante caratteristica del flusso. Essa può essere riscritta
come:
Definendo il numero
di Mach critico come:
(si legge “Mach
star”) esso è un numero proporzionale unicamente alla velocità del flusso,
essendo la velocità critica del suono una costante. Dalla definizione di
numero di Mach e dalla (11), mediante passaggi matematici qua omessi si
ottiene:
Nella (13) se M=0
allora M*=0, se M=1 allora M*=1, se M>1, M*>1.
Se M va all’infinito, in base alla (13) M* diventa:
Tale valore
rappresenta il massimo raggiungibile. Per l’aria, essendo g=1.4, il valore di
M* limite è:
FLUSSI QUASI UNIDIMENSIONALI Va premesso che si
trattano nel presente articolo flussi stazionari ed omentropici. Si approccia
lo studio degli ugelli. Gli ugelli sono condotti caratterizzati da un tratto
convergente ed uno divergente. Il loro studio è importante per capire il
comportamento dei fluidi in condizioni soniche. E’ inoltre la base per lo
studio dei motori aeronautici e delle prese dinamiche. Si consideri un
volume di controllo avente area A attraversata da un flusso a velocità u di
fluido avente densità r. La portata massica è espressa da:
Si consideri adesso
un condotto a geometria variabile, ossia la cui sezione abbia area variabile.
Le variazioni di area siano tali da ottenere un flusso quasi - unidimensionale.
La costanza della portata massica porta a scrivere:
Dividendo la terza
delle (17) per ruA si perviene a:
L’equazione di
conservazione della quantità di moto in forma unidimensionale e stazionaria
si pone nella forma:
Da essa si ricava:
Tenendo presente la
definizione di velocità del suono:
dalla (18),
unitamente alla (20) e (21) si ricava:
Dalla (20) e dalla (22) si evince che se il
flusso è subsonico, M<1, condizione necessaria affinché la velocità
aumenti è che dp sia negativo (cfr Eq. (20)), ossia, in base alla (22) che
l’area diminuisca lungo, dovendo essere dA negativo. Se M>1, allora per
avere una accelerazione del flusso è necessario –in base a quanto
precedentemente esposto- che dA>0.Se M=1 si è in condizioni critiche. E’
ovvio che la pressione all’interno dell’ugello varia con la velocità. Dalle precedenti
considerazioni si può costruire la curva di variazione delle aree per un
ugello convergente - divergente. Si osservi che in corrispondenza della
sezione di gola si ha la condizione di flusso sonico, mentre l’accelerazione
supersonica del flusso è possibile soltanto nel divergente purché si
verifichino delle condizioni che saranno esposte più avanti. Figura 1 Si analizzi la fig.
(1). Dall’equazione di conservazione della
portata massica:
e dalla equazione
di stato dei gas perfetti:
mediante opportuni
passaggi matematici qua omessi è possibile ricavare:
La precedente
formula descrive l’andamento della portata massica in funzione delle aree. Si
osservi che la portata massima si ottiene in corrispondenza di M=1, e tale situazione
è detta di strozzamento. La condizione di M=1 viene raggiunta in
corrispondenza della sezione di gola, di conseguenza è proprio essa a causare
lo strozzamento del flusso ed è essa a governare il funzionamento degli
ugelli. L’ugello in figura (2) viene detto ugello De Laval, dal cognome
dell’ingegnere svedese che per primo ne studiò il comportamento. Al variare
della pressione in uscita dell’ugello, sono possibili i seguenti stati: a) pext<p0,
il flusso è ovunque subsonico; b) pext<pcr,
il flusso è ovunque subsonico tranne che nella sezione di gola, ove M=1; c) pcr<pext<pad,
il flusso è subsonico nel convergente, supersonico a partire dalla sezione di
gola. Si ha, però, ricompressione subsonica nel divergente a seguito di un
urto sonico. L’urto è una brusca variazione di pressione in un intervallo
spaziale strettissimo (lo spessore di un urto è dell’ordine di 10’7
metri). In questa condizione l’ugello è detto sovraespanso. d) pext=pad,
il flusso è supersonico in tutto il divergente dell’ugello e si ha la
ricompressione del flusso all’esterno del medesimo. Questa è la condizione di
progetto dell’ugello. e) pext<pad,
il flusso è detto sottoespanso e la espansione del flusso continua al di
fuori dell’ugello. Nel caso di motori
a reazione, la portata massima che può essere smaltita è funzione della
sezione di gola della dell’ugello cui può essere approssimato, in prima
analisi, il motore stesso. La pressione esterna (quota di volo) determina la
condizione di uscita del flusso, supersonica o subsonica. E’ evidente che il
motore può essere ottimizzato per una sola quota di volo, a meno che non
vengano adottati scarichi a geometria variabile. La portata massima, però,
resta fissata dall’area della sezione ristretta. E’ possibile riscrivere –se
ne omette la dimostrazione- la (25) in funzione del rapporto fra area A ad un
generico punto e area di gola Ag:
la quale mostra che
il numero di Mach in un determinato punto dell’ugello, una volta fissato il
gas, è funzione solo di tale rapporto. Si riportano di
seguito le curve caratteristiche dell’ugello rappresentanti la variazione di
pressione e di Mach in funzione della ascissa. Ovviamente la sezione di gola
è quella in cui si realizza la condizione sonica.
Figura 2 Nella fig. (2) il punto (a) corrisponde alla condizione
subsonica di funzionamento dell’ugello. In (b) si ha la condizione sonica
nella sezione di gola. Da (b) in poi si ha espansione supersonica del flusso
nel divergente con formazione di urti di intensità via via crescente, finché
in (f) si ottiene l’ugello adattato, ossia con formazione di urti esterna
all’ugello stesso, e funzionamento totalmente supersonico. Il diagramma
riportante l’andamento di p/p0
evidenzia il salto di pressione che si ottiene nell’urto. L’urto, in
definitiva, è un salto di pressione che avviene in uno spazio infinitesimo:
lo spessore di un urto è dell’ordine di 10-8 metri. Essendo il fenomeno
dissipativo si ha aumento dell’entropia del flusso attraverso l’urto. Se (1)
e (2) sono due sezioni rispettivamente a monte e a valle di un urto (monte e
valle riferiti al verso della corrente), si ha che:
La precedente rappresenta la relazione di Rankine –
Hugoniot, ed è comunemente usata nell’analisi degli urti. Si accenna al
fatto che gli urti possono essere retti o obliqui, ma ciò esula dallo scopo
del presente articolo. |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
ingegneriaaerospaziale.net -
Tutti i Diritti Riservati |